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Biodiversità vegetale

Biodiversità vegetale in crisi: l’impronta umana cancella le specie autoctone

Un nuovo studio pubblicato su Nature, condotto su oltre 5.500 siti in tutto il mondo, lancia un allarme sulla “diversità oscura”. Si tratta di un fenomeno che evidenzia la drammatica riduzione della biodiversità vegetale, ovvero il potenziale di biodiversità vegetale di ciascun ecosistema, evidenziando l’impatto diretto e indiretto delle attività antropiche. In particolare, i boschi dell’Europa centrale e meridionale mostrano una situazione allarmante, con solo una pianta autoctona su cinque in grado di sopravvivere. Un dato preoccupante se confrontato con le regioni meno antropizzate come la tundra groenlandese o le foreste nordamericane, dove la situazione è leggermente migliore.

La “diversità oscura”: un metodo per misurare la perdita di biodiversità vegetale

La ricerca, coordinata dall’Università di Tartu con la partecipazione di oltre 200 scienziati, introduce il concetto di “diversità oscura” come strumento per quantificare la perdita di biodiversità. Questo studio conferma purtroppo, che le attività umane hanno influenzato negativamente la biodiversità. I risultati rivelano che anche aree apparentemente naturali sono in realtà impoverite, a causa dell’impatto umano che si estende ben oltre i confini delle aree urbanizzate, influenzando la biodiversità a centinaia di chilometri di distanza.

L’impronta umana: un impatto devastante sulla vegetazione naturale

Lo studio ha analizzato la relazione tra l’indice dell’impronta umana e la completezza della comunità vegetale, rivelando una forte correlazione negativa. L’indice dell’impronta umana, che include fattori come densità di popolazione, infrastrutture e agricoltura, si conferma un forte indicatore della perdita di biodiversità. Nelle regioni con elevata impronta umana, la presenza di specie idonee si riduce drasticamente. L’impatto umano è più evidente su scala regionale, evidenziando la necessità di strategie di conservazione su larga scala. Le zone con un’impronta umana bassa, hanno una media di presenza di piante autoctone che si aggira intorno al 35%, a differenza di quelle con alta impronta umana, che si aggirano intorno al 20%.

Implicazioni e soluzioni: proteggere il 30% del territorio e ripristinare gli ecosistemi

I risultati della ricerca sottolineano l’urgente necessità di azioni concrete per proteggere e ripristinare la biodiversità vegetale. Ciò include l’ampliamento delle aree protette, in linea con l’obiettivo globale di proteggere almeno il 30% delle terre emerse entro il 2030. Inoltre vanno considerati il miglioramento della connettività ecologica tra frammenti di habitat naturali e l’adozione di strategie di ripristino basate sulla “diversità oscura”. La perdita di biodiversità vegetale è un problema globale che richiede un’azione immediata. Lo studio pubblicato su Nature fornisce nuove e importanti informazioni sull’impatto umano sulla vegetazione naturale, sottolineando la necessità di un approccio olistico alla conservazione e al ripristino degli ecosistemi.

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