
Proteggere e ripristinare le zone umide
Come ogni anno il 2 febbraio si è celebrata la Giornata Mondiale delle Zone Umide (World Wetlands Day 2025), termine con cui si indicano una serie di differenti ambienti acquatici o di transizione – ad esempio laghi, stagni, paludi, torbiere, lagune salmastre – anche di origine artificiale (invasi, saline, risaie, etc…).
L’attenzione verso questi ecosistemi è molto cresciuta negli ultimi anni, con l’aumento di consapevolezza riguardo all’importanza dei servizi ecosistemici che offrono, tra cui fornitura di cibo e materie prime, mitigazione degli eventi alluvionali, depurazione delle acque, sequestro di CO2, opportunità di svago e arricchimento culturale.
Le zone umide (“wetlands”) sono anche sistemi biologici particolarmente efficaci, con livelli di produttività primaria estremamente elevati. Per questa ragione sono di fondamentale importanza per la biodiversità: le zone umide del Mediterraneo ospitano oltre un terzo di tutte le specie presenti nell’intero bacino, sebbene coprano solo il 2-2,5 % della superficie totale.
Ciononostante, sono tra gli ambienti maggiormente minacciati in tutto il mondo e stanno scomparendo a un ritmo tre volte superiore a quello delle foreste. A partire dagli inizi degli anni ’70 è andato perduto il 35 % delle zone umide mondiali e poco meno del 50 % di quelle del bacino del Mediterraneo. Le minacce principali alla conservazione di questi preziosi sistemi ecologici sono la trasformazione del territorio – per espansione degli insediamenti o delle attività agricole – l’inquinamento, lo sfruttamento eccessivo delle risorse, le specie invasive e i cambiamenti climatici.
È dunque necessario dare concretezza ai 3 messaggi principali lanciati dall’ONU in occasione del World Wetlands Day 2025:
- adottare scelte consapevoli per ridurre l’inquinamento delle zone umide;
- partecipare agli sforzi globali per la conservazione e la gestione sostenibile di questi ecosistemi;
- contribuire localmente al ripristino delle zone umide.
Migliorare lo stato di salute delle zone umide esistenti e avviare azioni di ecological restoration per la ricostruzione di questi ambienti è uno strumento di grande efficacia nel percorso di adattamento ai cambiamenti climatici, in virtù sia della loro particolare efficacia di immagazzinamento del carbonio, sia per le funzioni di riserva idrica e riduzione degli effetti negativi degli eventi alluvionali.
Un rapporto pubblicato pochi anni fa dall’Agenzia Europea per l’Ambiente (Malak et al., 2021) aveva messo in evidenza che la capacità complessiva di stoccaggio del carbonio delle wetlands europee – se oggetto di adeguate azioni di conservazione e ripristino – potrebbe raggiungere tra 12 e 31 Gt di CO₂ equivalente.
Secondo un recente rapporto di BirdLife International, pubblicato a gennaio 2025, qualora le attuali superfici occupate da ecosistemi in Europa fossero oggetto di un’azione decisa di riqualificazione – tale da consentire loro un funzionamento ecologico ottimale – potrebbero assorbire 378 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, superando l’obiettivo fissato dall’Unione europea per il 2030. Il contributo delle zone umide sarebbe di assoluto rilievo, se rapportato alle superfici che occupano.
Alla luce di questi dati, appare sempre più urgente la necessità di definire azioni che agiscano in maniera sinergica sul contrasto alla perdita di biodiversità e sull’adattamento al cambiamento climatico. E il messaggio centrale World Wetlands Day 2025 – “Wetlands for our common future” – appare particolarmente attuale e significativo.
Giuseppe Dodaro, Coordinatore del Nature Positive Network