COP30 di Belém: foreste, agricoltura e biodiversità al centro dell’agenda globale
di Riccardo Pallotta
La COP30 si è chiusa il 21 novembre 2025 a Belém, nel cuore dell’Amazzonia, portando al centro del negoziato internazionale un tema spesso sottovalutato ma cruciale per un futuro nature positive: l’interdipendenza tra foreste e agricoltura. In un anno segnato da temperature record, perdita di biodiversità e crisi idriche globali, la conferenza ha segnato un cambio di paradigma, riconoscendo che questi due settori non sono in competizione, ma parti dello stesso sistema ecologico.
Foreste come infrastrutture naturali per il clima e l’agricoltura
Al centro delle discussioni è emerso con forza il ruolo delle foreste come vere infrastrutture naturali. I dati presentati da FAO, Stockholm Environment Institute e altri partner evidenziano come gli ecosistemi forestali regolino il ciclo dell’acqua, moderino le temperature e sostengano l’impollinazione, influenzando direttamente la produttività agricola. In molte regioni del mondo, fino al 40% delle precipitazioni che alimentano i sistemi agroalimentari proviene da foreste situate anche a migliaia di chilometri di distanza. L’esempio dell’Africa è emblematico: quasi metà delle piogge del continente deriva dalla traspirazione globale, con la foresta del bacino del Congo che contribuisce al regime delle precipitazioni in aree agricole lontane.
La deforestazione, al contrario, accentua gli stress idrici, aumenta le temperature locali e incide sulla salute pubblica. Secondo il Global Forest Resources Assessment 2025 della FAO, l’espansione agricola rimane uno dei principali motori della deforestazione globale, contribuendo alla perdita media di 10,9 milioni di ettari di foreste all’anno nel decennio 2015–2025.
Agricoltura rigenerativa: la via nature positive presentata alla COP30
La conferenza ha rafforzato la spinta verso modelli agricoli rigenerativi, pensati per restituire più di quanto sottraggono e per integrare elementi forestali all’interno dei sistemi produttivi. Agroforestazione, fasce tampone, macchie boschive, rotazioni sostenibili e riduzione degli input chimici sono stati al centro degli annunci, accompagnati da impegni finanziari senza precedenti. Il messaggio è stato chiaro: senza foreste sane, non esiste agricoltura resiliente. La FAO ha sottolineato come la conservazione e il ripristino delle foreste siano tra le strategie più efficaci per aumentare la produttività agricola e rafforzare la sicurezza alimentare. Ripristinare anche solo metà delle foreste tropicali perdute potrebbe ridurre di oltre 1°C le temperature superficiali del suolo e ristabilire funzioni idrologiche fondamentali per le comunità rurali.
Deforestazione in Amazzonia: presentato il nuovo Amazon Footprint Report 2025
Tra gli appuntamenti più rilevanti della COP30 c’è stata la presentazione dell’“Amazon Footprint Report 2025”, la prima analisi transfrontaliera che esamina in modo integrato i driver della deforestazione amazzonica. Il quadro emerso è allarmante: tra il 2018 e il 2022 l’Amazzonia ha perso 8,6 milioni di ettari di foresta, un’area più grande dell’Austria. Il 78 % di questa distruzione è direttamente legato all’espansione degli allevamenti bovini, mentre la coltivazione di soia pesa per il 4,6 %. L’Europa e l’Italia non sono osservatori esterni. I consumi europei sono responsabili in media del 20 % della deforestazione legata a specifiche materie prime, e l’Italia, da sola, contribuisce ogni anno alla perdita di circa 4.000 ettari di foresta amazzonica. Questo dato ha riacceso il dibattito sulla necessità di filiere trasparenti e di certificazioni più rigorose, evidenziando l’urgenza di politiche di importazione che non alimentino la distruzione degli ecosistemi tropicali.
EUDR: l’Europa tra impegni dichiarati e rischi di arretramento
La normativa europea contro la deforestazione (EUDR) è stata uno dei temi più discussi. Nonostante l’UE abbia ribadito alla COP30 la volontà di rafforzare la lotta alla deforestazione globale, la realtà interna è più complessa: alcuni Stati Membri chiedono rinvii e alleggerimenti delle norme. Secondo WWF Italia, ogni anno di ritardo nell’implementazione dell’EUDR comporterebbe l’abbattimento di circa 50 milioni di alberi e l’emissione di 16,8 milioni di tonnellate di gas serra. La credibilità europea, è stato ribadito più volte a Belém, dipenderà dalla capacità di rendere le filiere effettivamente sostenibili, senza compromessi.
Governance e diritti delle comunità: un pilastro per un futuro nature positive
La COP30 ha segnato un rafforzamento del riconoscimento del ruolo delle popolazioni indigene come custodi della biodiversità. Una parte consistente dei fondi annunciati sarà destinata alla governance locale, alla tutela dei territori tradizionali e alla partecipazione delle comunità nella gestione delle foreste. La prospettiva nature positive non è solo tecnica o finanziaria: è sociale, culturale e politica. Senza diritti garantiti alle comunità che vivono e proteggono le foreste tropicali, nessuna strategia di mitigazione o adattamento può essere efficace.
Conclusioni: un cambio di paradigma verso l’integrazione foresta–agricoltura
La COP30 di Belém ha mostrato con chiarezza che la transizione climatica non può avvenire senza una trasformazione profonda dei sistemi agroalimentari. Foreste e agricoltura, per troppo tempo considerate in competizione, sono in realtà alleate insostituibili per la sicurezza alimentare, la stabilità climatica e la tutela della biodiversità. L’approccio nature positive emerge come la via maestra per un futuro capace di conciliare produzione alimentare, protezione degli ecosistemi e resilienza ai cambiamenti climatici. Belém non ha risolto tutte le contraddizioni globali, ma ha indicato una direzione chiara: investire nella natura non è un costo, ma l’unica infrastruttura in grado di sostenere il benessere umano nel lungo periodo.
