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Ripristino della Natura e Connettività Fluviale: sfide e opportunità per il territorio

Il 22 novembre si è tenuto a Torino il convegno Il Regolamento sul ripristino della natura: recuperare la connettività fluviale per migliorare la qualità del territorio e adattarsi ai cambiamenti climatici, organizzato da Centro Italiano per la Riqualificazione Fluviale (CIRF) e Autorità di bacino distrettuale del fiume Po. 

La discussione ha preso spunto da uno degli gli obiettivi più sfidanti della Nature Restoration Law: ripristinare in Europa almeno 25.000 km di tratti fluviali a scorrimento libero entro il 2030. Nel 2021 la Commissione Europea ha pubblicato il documento “Strategia per la biodiversità 2030 – Rimozione delle barriere per la riqualificazione fluviale”, nel quale ha chiarito che devono considerarsi “free flowing” i tratti fluviali in cui sono garantiti contemporaneamente quattro diversi tipi di connettività:  

  • longitudinale: fauna, sedimenti e nutrienti possono muoversi liberamente tra la sorgente e la foce; 
  • laterale: i corsi d’acqua hanno piena continuità con la propria piana inondabile; 
  • verticale: si mantiene una connessione tra il corso d’acqua e le acque sotterranee 
  • temporale: i processi fluviali naturali si svolgono regolarmente nel corso delle stagioni, senza alterazioni dovute, ad esempio, a variazioni profonde delle portate idriche. 

Secondo quanto previsto dalla Nature Restoration Law, all’interno del proprio Piano Nazionale di Ripristino, gli Stati Membri dovranno redigere un inventario delle opere artificiali che limitano la connettività fluviale (dighe, briglie, argini, ecc.), identificando quelle ormai “inutili” – che creano più danni che benefici – per le quali programmare e realizzare interventi di rimozione. 

La Commissione Europea ha coordinato il lavoro di diversi gruppi di esperti che hanno già messo a punto metodi per identificare le barriere da rimuovere e criteri per definire l’ordine prioritario con cui procedere. In tutta Europa sono già stati realizzati numerosi interventi finalizzati a restituire ai fiumi adeguati livelli di connettività: demolizione di dighe e barriere longitudinali, rimozione o arretramento di protezioni spondali, eliminazione di tratti di alveo cementificati, riapertura di corsi d’acqua (naturali o artificiali) coperti o intubati.  

A seconda della localizzazione e delle modalità di realizzazione, questi interventi possono determinare differenti vantaggi. Restituire spazio a un corso d’acqua può ridurre il rischio idraulico e, al contempo, supportare la biodiversità e favorire la ricarica della falda. Ripristinare un maggiore equilibrio nel trasporto dei sedimenti comporta la ricostituzione di aree naturali e può anche contrastare l’erosione costiera 

Si tratta dunque di modalità di gestione alternative a quelle tradizionali – basate sul solo utilizzo di infrastrutture grigie – che oltre a favorire la biodiversità, generano benefici economici netti stimati in 1.400 euro per ettaro all’anno, migliorando la resilienza dei territori da cui dipendono i processi produttivi delle imprese.  

Giuseppe Dodaro, Coordinatore del Nature Positive Network

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