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trattato sulla plastica

Negoziati ONU sulla plastica falliti: nessun accordo a Ginevra dopo dieci giorni di trattative

di Riccardo Pallotta

Dopo oltre dieci giorni di discussioni presso la sede europea delle Nazioni Unite a Ginevra, i rappresentanti di 184 Paesi non sono riusciti a raggiungere un accordo sul primo trattato internazionale per contrastare l’inquinamento da plastica. Il cosiddetto trattato sulla plastica, lanciato con grandi aspettative nel 2022, avrebbe dovuto segnare una svolta storica nella lotta a una delle emergenze ambientali più gravi del nostro tempo. Invece, il sesto e ultimo round dei negoziati si è chiuso con un nulla di fatto, lasciando dietro di sé frustrazione, rabbia e un futuro incerto.

Uno stallo annunciato

Il fallimento era stato temuto sin dall’inizio. Le divergenze profonde tra i Paesi hanno bloccato il negoziato su questioni cruciali come i meccanismi di finanziamento, il carattere vincolante del testo, la regolamentazione delle microplastiche e persino il titolo del trattato. Due bozze di accordo, presentate dal presidente del comitato negoziale Luis Vayas Valdivieso, sono state respinte come base di discussione: troppo sbilanciate secondo alcuni Stati, troppo poco ambiziose per altri.

Al centro dello scontro vi è soprattutto il nodo della produzione: da un lato, oltre 100 Paesi – tra cui Francia, Unione Europea, Regno Unito e numerosi piccoli Stati insulari – chiedono limiti chiari e vincolanti alla produzione globale di plastica, accompagnati dal bando delle sostanze tossiche più pericolose; dall’altro, i grandi esportatori di petrolio e gas, guidati da Arabia Saudita e Kuwait, hanno osteggiato qualsiasi riferimento esplicito a una riduzione a monte, sostenendo di voler concentrare gli sforzi su riciclo e riuso.

Reazioni tra delusione e accuse

Le reazioni internazionali non si sono fatte attendere. Greenpeace ha parlato di «un campanello d’allarme per il mondo intero», accusando l’industria petrolchimica di sacrificare il futuro del pianeta per profitti a breve termine. Molti governi hanno espresso «profonda delusione» per l’esito del vertice. La ministra francese Agnès Pannier-Runacher si è detta «arrabbiata» per l’ostruzionismo di una manciata di Paesi «guidati da interessi finanziari a breve termine». Anche il Regno Unito ha definito il risultato «estremamente deludente», mentre la Colombia ha denunciato come i negoziati siano stati «sistematicamente bloccati da un piccolo numero di Stati che non vogliono un accordo».

Tuvalu, a nome di 14 piccoli Stati insulari del Pacifico, ha ricordato che senza cooperazione internazionale «milioni di tonnellate di rifiuti plastici continueranno a finire nei nostri oceani, con conseguenze devastanti per ecosistemi, sicurezza alimentare e cultura». La Cina ha adottato un atteggiamento più cauto, definendo la battuta d’arresto «un nuovo punto di partenza» e invitando a non abbandonare lo sforzo multilaterale.

Un problema che non può attendere

Secondo le stime ONU, ogni anno vengono prodotte oltre 460 milioni di tonnellate di plastica, di cui circa il 75% diventa rifiuto. Se non si interverrà, la produzione potrebbe raddoppiare entro il 2050 – raggiungendo 884 milioni di tonnellate – o addirittura triplicare entro il 2060. L’inquinamento determinato da meso, micro e nanoplastiche – diffusamente presenti negli oceani, nell’aria, nel suolo e perfino nei nostri corpi – rischia così di sfuggire definitivamente a ogni controllo.

Il futuro dei negoziati

Nonostante la delusione, la direttrice esecutiva dell’UNEP, Inger Andersen, ha sottolineato che «i progressi non vanno ignorati» e che «il processo non si fermerà». La sessione di Ginevra è stata formalmente sospesa, non conclusa: ora resta da decidere se e come riprenderla, con quale nuovo approccio e in quale sede. Alcune ONG hanno parlato di un «colpo al multilateralismo» e diversi delegati hanno sollevato la possibilità di ripensare le regole del negoziato, arrivando perfino a ipotizzare percorsi paralleli senza i Paesi che hanno ostacolato il processo. Come ha dichiarato Dennis Clare, negoziatore per la Micronesia: «Ciò che potrebbe essere fallito non sono tanto i colloqui, quanto la logica di continuarli in un forum con ostruzionisti convinti».

Una battaglia ancora aperta

Il trattato sulla plastica resta dunque una battaglia aperta. Se da un lato il multilateralismo mostra i suoi limiti, dall’altro emerge una volontà diffusa, condivisa da oltre 100 Stati, di non arrendersi. «Questo è solo l’inizio del tentativo mondiale di affrontare l’inquinamento da plastica», ha dichiarato Clare. La sfida ora è trasformare la delusione in determinazione, evitando che il fallimento di Ginevra diventi un alibi per rimandare ulteriormente le decisioni. Il pianeta non può permettersi di aspettare: senza un trattato globale, la plastica continuerà a minacciare oceani, biodiversità e salute umana.

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