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Mediterraneo

Il Mediterraneo in ebollizione: l’allarme invisibile sotto la superficie

di Riccardo Pallotta

La crisi climatica ha colpito ancora. Stavolta lo ha fatto nel silenzio delle onde, nei fondali del nostro Mare Nostrum, dove si sta consumando una delle più gravi ondate di calore marino mai registrate. Giugno 2025 è stato un mese di temperature eccezionalmente elevate, sia sulla terraferma che in mare. Secondo i dati di Copernicus e del CEAM, il Mar Mediterraneo ha registrato sei delle dieci anomalie termiche più alte mai rilevate dal 1982 a oggi. Alcuni tratti del Mar Tirreno e del Mar Ligure hanno toccato temperature di 5-6°C superiori alla media stagionale, superando in alcune zone i 28-29°C.

La cupola di calore: una pentola a pressione sull’Europa

Alla base del fenomeno c’è un’estesa e persistente cupola di calore, una configurazione meteorologica dominata da un’area di alta pressione che intrappola aria calda su vaste porzioni del continente. Questo “coperchio atmosferico” non solo porta temperature record sulla terraferma – come già avvenuto in Spagna e Portogallo – ma contribuisce anche a scaldare progressivamente i mari, impedendo la dispersione del calore e la miscelazione delle acque. Il risultato? Un mare che accumula energia e si prepara a restituirla sotto forma di fenomeni meteorologici estremi. Le conseguenze ambientali di queste ondate di calore marine sono molteplici.

La vita sottomarina è sotto stress: molte specie ittiche soffrono per la carenza di ossigeno, aumentano i casi di morie e proliferano alghe tossiche. Aumenta la diffusione di specie aliene invasive, come la Caulerpa, la caravella portoghese o il pesce scorpione, che approfittano delle nuove condizioni per insediarsi stabilmente. Il Mediterraneo, già minacciato da acidificazione, inquinamento da plastica e sovrasfruttamento delle risorse, rischia di diventare una zona di squilibrio permanente.

L’altra faccia della crisi: piogge estreme e inondazioni con impatti su economia e salute

Il calore trattenuto nel mare è un’enorme riserva di energia che verrà rilasciata nei mesi successivi. In autunno, il Mediterraneo potrebbe trasformarsi in un catalizzatore di eventi meteo estremi: precipitazioni torrenziali, medicanes (uragani mediterranei), alluvioni improvvise. Episodi già osservati negli anni recenti, come il disastro in Slovenia del 2023 o l’alluvione mortale di Valencia nel 2024,  rischiano di moltiplicarsi se il mare continua a surriscaldarsi. Secondo le ultime analisi, la temperatura media della superficie del Mediterraneo a fine giugno 2025 era di circa 26°C, 3 gradi in più rispetto alla media storica.

Oltre agli ecosistemi, anche le attività umane sono in pericolo. La pesca e il turismo possono registrare perdite rilevanti, a causa della riduzione di alcune specie e di fenomeni come le esplosioni algali, che rendono meno attrattive alcune località balneari. Le alte temperature riducono, inoltre, la disponibilità di acqua dolce, aumentando la dipendenza da risorse idriche già scarse, mentre coltivazioni e allevamenti sono messi a dura prova.

Un segnale da ascoltare

Il Mediterraneo è un hotspot del cambiamento climatico globale. È uno specchio d’acqua chiuso e relativamente piccolo, ma altamente sensibile alle variazioni di temperatura. Se qui il mare raggiunge valori da record, significa che l’intero sistema climatico è sotto pressione. È un segnale chiaro, inequivocabile, che ci chiede di ripensare il nostro rapporto con la natura, ridurre drasticamente le emissioni climalteranti e adattare i territori alle nuove condizioni. Perché in questo caldo silenzioso che sale dal mare, c’è un messaggio da non ignorare.

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