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Geo-7

GEO-7: il bivio del Pianeta

editoriale di Lorenzo Ciccarese

Il Global Environment Outlook (GEO) è il principale rapporto ambientale delle Nazioni Unite, prodotto dall’UNEP per offrire ai governi una bussola scientifica con cui orientare le proprie scelte. Il GEO-7, pubblicato il 9 dicembre 2025, è il risultato di un lavoro collettivo senza precedenti: 287 scienziate e scienziati di 82 Paesi, affiancati da oltre 800 revisori, hanno integrato dati ambientali, economici e sociali per delineare lo stato del pianeta e ciò che potrebbe accadere nei prossimi decenni. Il rapporto ha un obiettivo chiaro: aiutare le società a intraprendere una trasformazione profonda dei sistemi che sostengono le nostre economie — energia, cibo, materiali, finanza — affinché diventino sostenibili, resilienti e capaci di garantire benessere senza distruggere gli ecosistemi da cui tutto dipende.

Che cosa ci dice il nuovo rapporto sullo stato del pianeta? Che stiamo entrando in una fase di destabilizzazione senza precedenti. Cambiamenti climatici, perdita di biodiversità, degrado dei suoli, inquinamento e rifiuti aumentano simultaneamente, amplificandosi a vicenda. Se non verranno adottate misure urgenti nei prossimi cinque anni, il riscaldamento globale potrebbe toccare 3,9°C entro il 2100, superando di gran lunga il limite di sicurezza di 1,5–2°C. Le conseguenze sarebbero drammatiche: collasso di ecosistemi chiave, instabilità geopolitica, crisi alimentari, aumento delle malattie e perdite economiche incalcolabili.

I numeri raccolti dal GEO-7 sono inequivocabili. Fino a un milione di specie rischiano l’estinzione. Il 20–40% delle superfici terrestri è già degradato, e tra il 2015 e il 2019 sono stati persi oltre 100 milioni di ettari di suoli fertili. La produzione di rifiuti urbani ha raggiunto 2,3 miliardi di tonnellate l’anno e potrebbe salire a 3,8 miliardi entro il 2050. L’inquinamento atmosferico provoca 8,1 trilioni di dollari di danni economici ogni anno, pari al 6% del PIL globale. A tutto ciò si somma la crescente pressione su risorse critiche e materiali rari — indispensabili per tecnologie digitali e transizione energetica — che stanno diventando un fattore di vulnerabilità economica e di tensione geopolitica.

Il rapporto è chiaro: affrontare queste crisi richiede la trasformazione integrata di cinque sistemi chiave —energetici, alimentari, dei materiali, dei rifiuti e finanziari. La riforma del sistema finanziario è il presupposto di tutto: senza riallocare capitali, rimuovere i sussidi dannosi (oggi tra 1,7 e 3,5 trilioni di dollari l’anno) e orientare investimenti verso tecnologie pulite e infrastrutture resilienti, nessuna transizione sarà possibile. Per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 servono 6–7 trilioni di dollari l’anno: una cifra enorme, ma in larga parte ottenibile reindirizzando fondi che oggi alimentano modelli insostenibili.

Nei sistemi energetici, occorre accelerare sulle rinnovabili e abbandonare gradualmente i combustibili fossili non mitigati. Nei sistemi alimentari, diete più sane, pratiche agricole rigenerative e riduzione degli sprechi potrebbero liberare milioni di ettari di suolo, aumentare la resilienza e trasformare il settore in un contributore netto alla rimozione di carbonio. La progettazione sostenibile dei prodotti, il riciclo avanzato e la riduzione dell’estrazione sono essenziali per riformare il sistema dei materiali e dei rifiuti, diminuendo anche la pressione sui materiali critici.

Gli investimenti necessari avranno un picco di circa 3 trilioni di dollari l’anno intorno al 2040 (1,5% del PIL globale), ma i benefici superano ampiamente i costi: entro il 2070 potrebbero generare 20 trilioni di dollari l’anno in guadagni netti, superando i 100 trilioni entro il 2100. Un’azione efficace potrebbe inoltre evitare 9 milioni di morti premature entro il 2050 e oltre 50 milioni entro il 2100.

Il rapporto affronta anche il legame tra crisi ambientale e conflitti: scarsità idrica, degrado dei suoli e competizione per risorse critiche alimentano instabilità politica e migrazioni forzate. Prevenire i conflitti richiede cooperazione internazionale, governance inclusiva e tutela dei Popoli Indigeni, che proteggono il 25% della biodiversità mondiale.

Le soluzioni devono essere adattate ai contesti regionali. Per l’Europa occidentale, Italia inclusa, il GEO-7 propone un rafforzamento massiccio delle rinnovabili e degli accumuli energetici, un’accelerazione dell’economia circolare, l’adozione su larga scala dell’agroecologia e una decisa riduzione dei rifiuti e delle emissioni industriali. Priorità strategica è ridurre la dipendenza dai materiali critici, rafforzando filiere resilienti e investendo nella ricerca. Fondamentale anche la governance multilivello, che coinvolga cittadini, imprese, scienziati e istituzioni in un approccio realmente whole-of-government and whole-of-society.

Il GEO-7 mostra due futuri: uno basato sulla cooperazione, l’innovazione e la responsabilità collettiva; l’altro segnato da inazione e crisi sistemiche. Le scelte dei prossimi cinque anni determineranno quale strada imboccheremo. Come ricorda Sir Robert Watson, co-chair del rapporto, il costo dell’azione è immensamente inferiore al costo dell’inazione, e le soluzioni sono già alla nostra portata.

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